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2009 dal 5 al 12 Aprile

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L'ARGOMENTO DI OGGI

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dai GIORNALI di OGGI

Obama:

-145 miliardi alla scuola

-Contro i bonus ai manager di Wall Street

La prima legge salari equi per uomini e donne

2009-01-30

Ingegneria Impianti Industriali

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Dalessandro Giacomo

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CORRIERE della SERA

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2009-01-30

 

 

REPUBBLICA

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2009-01-30

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-01-30

 

La prima legge Obama, salari equi per uomini e donne

La parità salariale, come prima mossa della presidenza Obama. La prima legge che porta la firma del neo presidente degli Stati Uniti. Un testo che mira a facilitare azioni legali da parte delle persone discriminate sul lavoro. Ed è ispirato a una lavoratrice di nome Lilly.

Obama ha sottolineato, durante la cerimonia della firma alla Casa Bianca, che la legge rafforza il rispetto del principio che "tutte le persone sono create uguali" e meritano di "ricevere pari opportunità". La legge è dedicata a Lilly Ledbetter, una lavoratrice della Goodyear che scoprì dopo anni di servizio di ricevere una paga inferiore solo per il fatto di essere donna. La stessa Ledbetter ha partecipato alla cerimonia di firma della legge nella East Room della Casa Bianca.

La legge porta proprio il nome della lavoratrice (Lilly Ledbetter Fair Pay Act), e Obama l'ha firmata dinanzi alle telecamere in diretta, affiancato dal vicepresidente Joseph Biden, dal segretario di Stato, Hillary Clinton, e dalla stessa Ledbetter.

La legge sull'equità salariale era stata una delle questioni più delicate durante la campagna elettorale, particolarmente cara proprio ai sindacati e alle elettrici. In media infatti le donne negli Stati Uniti sono pagate il 23 per cento in meno degli uomini; e quelle appartenenti a minoranze etniche ancora di meno. "Nel firmare questa legge, voglio mandare un segnale chiaro", ha detto il presidente democratico,"che fare in modo che la nostra economia funzioni significa assicurarsi che funzioni per tutti, che non ci siano cittadini di serie B nei nostri luoghi di lavoro".

29 gennaio 2009

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-01-30

Da Obama 145 miliardi alla scuola

di Marco Valsania

30 GENNAIO 2009

Più di 145 miliardi di dollari per l'istruzione. Il piano di stimolo dell'economia americana voluto da Barack Obama e approvato dalla Camera prescrive, tra l'altro, ingenti somme per le scuole, identificate come un pilastro del rilancio del Paese. Ma quella dell'istruzione è diventata anche una delle voci che rivelano le polemiche sul nuovo New Deal della Casa Bianca: alcuni programmi di spesa richiederanno anni per essere realizzati, quali ristrutturazioni di edifici per venti miliardi, anziché assicurare rapide spinte per uscire dalla recessione. E investimenti per quasi 120 miliardi hanno un obiettivo sociale prima che economico: quello di rafforzare l'istruzione pubblica, elargendo aiuti agli Stati e a programmi per i più poveri.

L'investimento nelle scuole è uno dei capitoli più ambiziosi del piano da 819 miliardi di dollari che i deputati hanno varato mercoledì notte. Un piano che prevede complessivamente l'utilizzo di solo una parte, per quanto importante, dei fondi nei primi due anni: 529 miliardi. Che ha al suo attivo altre costose iniziative: da ponti e strade a reti Internet, da assistenza sanitaria alle energie alternative. E il cui conto finale potrebbe ancora lievitare: la versione del Senato, che potrebbe arrivare in aula la prossima settimana, sta superando i 900 miliardi.

Dimensioni, composizione e scadenze del piano, però, sono ostaggio di una furiosa battaglia politica che ha visto emergere schieramenti contrapposti alla Camera: la legge è stata approvata unicamente con 244 voti democratici.

Ovvero neppure tutti i deputati del partito del presidente, che ha sofferto undici defezioni. I repubblicani hanno invece respinto il progetto compatti: 188 voti contro. Non il risultato che sperava Obama, dopo essersi impegnato di persona a corteggiare l'opposizione. E che ora deve affrontare al Senato una partita decisiva: qui il presidente ha bisogno di strappare consensi repubblicani. I democratici non hannoi 60 voti necessari a superare l'ostruzionismo.Obama conta sulla presenza di senatori moderati tra i repubblicani,un'ala del partito ormai scomparsa alla Camera.

Ma dal voto fra i deputati è arrivato un pesante avvertimento alla sua leadership. Subito sono scattati frenetici negoziati sugli sgravi fiscali contenuti nel piano, quasi 275 miliardi che i repubblicani vogliono ampliare. E su voci di spesa accusate di voler espandere oltremisura il ruolo dello Stato federale. I democratici al Senato hanno già inserito un nuovo taglio delle tasse, da oltre 70 miliardi.

Sia Obama che i repubblicani vogliono emergere vittoriosi dallo scontro sulla " ricetta"per salvare l'economia. Oggi è atteso un dato di brusca contrazione del Pil nel quarto trimestre 2008, forse superiore al 5 per cento. Ieri gli ordini di beni durevoli di dicembre sono caduti del 2,6% (del 5,7% nell'intero anno), le vendite di nuove case sono scese del 14,7% e le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono salite di tremila unità a 588mila.

Davanti alla crisi che avanza Obama ha cercato comunque di tenere alta la bandiera del cambiamento: la prima legge che ha firmato da presidente, ieri, è stata il Lilly Ledbetter Fair Pay Restoration Act, una legge finalizzata a promuovere la parità salariale tra uomo e donna. Alla cerimonia ha partecipato Ledbetter, la lavoratrice della Goodyear, in Alabama, che aveva denunciato l'azienda scoprendo che i colleghi uomini percepivano, a parità di altre condizioni, stipendi più alti.Da Obama 145 miliardi alla scuola

 

 

 

 

Obama contro i bonus ai manager di Wall Street

dal nostro corrispondente Mario Platero

30 GENNAIO 2009

Da Obama 145 miliardi alla scuola (di Marco Valsania)

La Jarrett: Usa pronti a ritornare leader

Clinton ironizza sul liberismo del premier russo Putin

Barack Obama è partito ieri all'attacco di Wall Street criticando aspramente la decisione di molte banche di continuare ad erogare forti premi sullo stipendio del 2008 nello stesso momento in cui chiedono danaro pubblico per sopravvivere. "E' vergognoso – ha detto il Presidente americano – quanto ho letto questa mattina che i banchieri a Wall Street avevano deciso di pagarsi premi sullo stipendio per 20 miliardi di dollari, lo stesso livello del 2004 nel momento in cui queste stesse istituzioni sono sull'orlo del collasso e chiedono al contribuente di aiutarli e con il contribuente in difficoltà perché se non aiuta rischia di vedersi crollare il sistema sulla testa, si raggiunge un picco di irresponsabilità". La notizia che i banchieri a Wall Street si era pagata premi ancora "dorati" è stata oggetto di molte ironie sui tabloid e su molti giornali americani. Il Daily News ha mostrato una quantità di bicchieri di champagne dietro i marchi delle banche. La columnist del New York Times Maureen Dowd ha ridotto a pezzi John Thain, ex capo di Merrill Lynch che chiedeva un pagamento di 115 muilioni di dollari in bonus arretrati ed è ora sotto inchiesta. All'inizio della settimana il "Comptroller" dello stato di New York, Thomas Di Napoli aveva comunicato che i bonus complessivi erogati dalle banche ai loro dipendenti ammontavano per il 2008 e 18,4 miliardi di dollari, il 44% in meno rispetto al 2007, con una media di 112.00 dollari per dipendente. I premi complessivi sono al sesto posto nella storia di Wall Street. Queste polemiche, realizzi di profitti, incertezze sull'economia che ha mostrato ieri dati molto brutti hanno cancellato i guadagni di mercoledì a Wall Street. Il Dow Jones ha perso quasi il 2,5% ed è caduto a quota 8.173.14, l'S&P 500 ha preso quasi il 3% a quota 848 e il Nasdaq il 2,89% a quota 1.513.

L'attacco di Obama a Wall Street era quasi inevitabile: negli stessi giorni in cui le banche hanno reso noti i loro "bonus", il Tesoro si accinge a comunicare il nuovo progetto di riscatto dei titoli tossici dalle istituzioni finanziarie americane. Il nuovo costo stimato, secondo indiscrezioni che circolavano ieri a Washington, si aggira fra i mille e i duemila miliardi di dollari. Più elevato del Tarp, il Troubled Assets Relieved Program, il pacchetto di salvataggio da 700 miliardi di dollari approvato lo scorso autunno dal Congresso. E persino più elevato del pacchetto di stimoli per l'economia in discussione in questi giorni al Congresso, il cui valore finale è stimato in circa 900 miliardi di dollari. Il nuovo pacchetto di aiuti, dopo gli interventi all'inizio dell'anno scorso e dopo la formulazione del piano di salvataggio autunnale, dovrebbe supplire a quel che il Tarp non ha poi fatto: riscattare titoli tossici dalle istituzioni in difficoltà per consentire loro di migliorare i bilanci, di avere maggiore liquidità disponibile e, soprattutto, di riprendere ad erogare del credito.

Dei 700 miliardi di dollari stanziati originariamente nel Tarp, la prima tranche da 350 miliardi di dollari è andata a rafforzare il capitale delle banche, la seconda tranche, erogata appena qualche giorno fa è di fatto già impegnata: una parte andrà utilizzata per il settore dell'auto, un'altra parte per altri prestiti di emergenza destinati soprattutto a cittadini che rischiano di perdere la casa. "Solo" un centinaio di miliardi di dollari andrà a costituire il capitale della cosiddetta "bad bank", una nuova istituzione che deterrà i titoli che oggi non hanno mercato, riscattati dalle banche a una frazione del loro valore nominale. Ma il costo di riscatto di questi titoli tossici è molto più elevato di quello che si sospettava solo qualche mese fa. Il fatto che la cifra stimata sia fra i mille e i duemila miliardi di dollari conferma che le stesse autorità non hanno ben chiara l'esposizione complessiva. Sul piano operativo l'idea è che la Bad Bank ricada sotto la giurisdizione della Federal Deposit Insurance Corporation, l'agenzia federale che assicura i depositi bancari. Il finanziamento del nuovo fabbisogno dovrebbe avvenire attraverso l'acquisto da parte della Federal Reserve di obbligazioni a lungo termine emesse dal Tesoro americano. In pratica si tratta della mano destra che aiuta la mano sinistra, ma l'idea di fondo è che una buona parte di questi titoli tossici che oggi non hanno mercato, potrebbero averlo fra qualche anno. E dunque il Tesoro potrebbe poi collocare una parte dei titoli parcheggiati nella bad bank e riscattare dalla Fed i buoni del Tesoro che hanno finanziato l'acquisto. Uno dei punti centrali per il segretario al Tesoro Tim Geithern, al suo primo vero importante test da quando è stato confermato dal Senato la settimana scorsa, è di garantire che alla fine le istituzioni restino private. Anche se lo Stato dovesse sottoscrivere aumenti di capitale e dunque entrare in possesso di buona parte del capitale di banche che oggi valgono pochi miliardi di dollari, l'obiettivo alla fine è quello di restituire il controllo completo agli investitori privati. La difficoltà, ci dicono fonti vicine al Tesoro, sta nell'identificare strumenti e procedure adatti.

 

 

 

 

 

 

 

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2009-01-28

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http://www.italysoft.com/news/famiglia-cristiana.html

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http://www.vatican.va/news_services/or/home_ita.html

 

 

 

 

 

 

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http://www.europaquotidiano.it/site/engine.asp

http://www.gazzetta.it/

http://www.corrieredellosport.it/

http://www.wallstreetitalia.com/

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2009-01-28

http://www.panorama.it/

http://espresso.repubblica.it/

http://www.sorrisi.com/sorrisi/home/index.jsp

http://www.sanpaolo.org/fc/default.htm

 

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